“Avete scaricato la nostra musica, dovete pagare 330 euro”, firmato Peppermint Jam Records.
È più o meno di questo tono la lettera che stanno ricevendo in questi giorni migliaia di persone in Italia. E il Garante ha deciso di costituirsi in giudizio, per difendere la privacy delle persone coinvolte nella vicenda.
“La Peppermint – spiegano all’Adiconsum – ha chiesto a una società svizzera di software, la Logistep Ag, di individuare attraverso un programma, usato anche dalla polizia polacca, gli indirizzi IP delle persone che scaricano la loro musica. Una volta ottenuti i dati, si sono rivolti al tribunale di Roma chiedendo di poter avere i nominativi corrispondenti dai provider italiani. Il tribunale in prima istanza ha negato il consenso, mandando una richiesta al Garante della privacy, che non ha dato risposta. In seconda istanza, sempre senza nessun riscontro dal Garante, il tribunale ha invece dato parere positivo.
Il passo successivo è stato fatto da uno studio legale altoatesino Mahlknecht & Rottensteiner che, tramite raccomandata, invitano migliaia di persone a pagare 330 euro (a parziale risarcimento di “ipotetici” danni), con la promessa di non ripetere più l’illecito, per evitare che la Peppermint “provveda a sporgere denuncia/querela penale e a intraprendere le azioni civili…” che porterebbero ad una ben più salata sanzione di 10.000 euro.
Il modo orwelliano con cui la casa discografica si è procurata gli indirizzi IP dei ‘colpevoli’ ha fatto rizzare le antenne al Garante della privacy, che ha deciso di costituirsi in giudizio per difendere i navigatori.
Va poi detto, che anche pagando questi fantomatici 330 euro non si evitano eventuali ripercussioni penali, che che ne dica Peppermint Jam Records.