Negli ultimi tempi si è parlato molto della futura quotazione in borsa di Facebook, Groupon e LinkedIn, puntando in particolare l’attenzione sui multipli molto alti per le loro valutazioni attuali, le prospettive di crescita futura e la ricchezza personale dei loro fondatori, come Mark Zuckerberg con i suoi 24 miliardi di dollari. Poco si è detto però degli effetti a catena che una successione di operazioni di quotazione in borsa potrebbero avere sul mercato tecnologico americano (e non solo).
La conseguenza più diretta, se il trend che vede i fondatori delle società che hanno fatto IPO negli anni novanta essere tra i primi finanziatori delle giovani startup di web e mobile si confermerà, potrebbe portare nuova linfa nelle casse delle migliaia di agguerrite società che si sfidano per i nuovi modelli di business del futuro.
D’altronde il vizio nell’investimento di ventura da parte dei neo milionari non è cosa nuova visto che una recente statistica effettuata sui dati di Angel List vede oltre 4.000 startup finanziate dagli ex dipendenti di aziende del calibro di Google, Microsoft, Yahoo!, Paypal ed IBM. Anche in Italia la situazione, con le dovute proporzioni, non è molto diversa e sono tanti i casi di investimento effettuati dai fondatori di aziende della prima ondata come Buongiorno, Dada, Virgilio e Venere.
Fonte: startup.wikli.it
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