Non parlo di coronavirus, ma di Smart Working e telelavoro

telelavoro

Non parlo di coronavirus, l’hanno fatto tutti, molti senza alcun titolo, creando anche non poca confusione. Per prima cosa parlare genericamente di coronavirus non è la cosa più corretta, visto che quello che ci troviamo ad affrontare in questo periodo è uno specifico coronavirus che ha il suo nome, si chiama COVID-19 e penso che conoscere il nome del nemico sia il primo passo per affrontarlo.

Ad ogni modo, con tante aziende chiuse o con attività ridotte, in particolare in Veneto, la mia regione, pare l’Italia abbia scoperto improvvisamente il telelavoro, peccato però che i giornalisti quasi sempre l’abbiano ribattezzato smart working. In realtà, ad essere precisi (e magari un po’ pignoli) sarebbero due cose diverse.

Il telelavoro è un modo di lavorare indipendente dalla propria localizzazione geografica. Si può lavorare da casa, ad esempio, senza quindi andare in ufficio presso la propria azienda e questo è quello che tanti hanno fatto in questi giorni.

Lo Smart Working è un modo (in teoria) più “intelligente” e moderno di lavorare, basato su flessibilità, focus sul risultato e magari uso di strumenti tecnologici. Ma non è detto lo si faccia da casa, in telelavoro, lo smart working si fa anche in azienda, in ufficio, quindi le due definizioni non sono sinonimi. Lo Smart Working non è il telelavoro.

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